VITI CENTENARIE
PROSPETTIVE VALORIZZAZIONE PROMOZIONE TUTELA
Lopa: Non è la specie più forte a sopravvivere, e nemmeno quella più intelligente ma la specie che risponde meglio al cambiamento ecco perché ha senso parlare di vitigni del passato per i vini del futuro
Si è tenuto l’incontro organizzato a cura di Malvarosa, sulle Viti Centenarie. L’evento è stato moderato da Tommaso Luongo | Presidente Ais Campania che ha visto confrontarsi come ospiti: Rosario Lopa, Portavoce Consulta Nazionale per l’Agricoltura e Turismo, Massimo Setaro, Casa Setaro Vincenzo Di Meo, La Sibilla, Titti Bianchino, Tenute Bianchino, Joe Barba Marcone, Bartender, Antonello Di Martino, Choose Naples, Pietro Bervicato, Meeto , Valentino Tafuri, 3 Voglie. Media Partner Choose Naples.
Il mondo vitivinicolo attende da tempo una legge che possa valorizzare le produzioni di eccellenza legandole indissolubilmente con il loro territorio di produzione per una rinnovata offerta turistica più emozionale ed esperienziale. “Viti Centenarie” è ottenuta da viti molto vecchie che producono grappoli piccoli e spargoli, ideali per produrre vini opulenti e concentrati. La viticoltura in Italia ha origini antiche; non a caso il nome dell’Italia era Enotria terra del vino, dal nome degli Enotri (abitanti dell’attuale Basilicata) che fin da 500 anni prima di Cristo avevano sviluppato e perfezionato le tecniche di viticoltura, vinificazione e conservazione del vino. Le vecchie viti sono la testimonianza della vocazione di un territorio alla vitivinicoltura nel lunghissimo periodo. La loro presenza significa che: il territorio è naturalmente vocato alla vitivinicoltura. Il viticoltore autoctono, per centinaia di anni, prendendosi cura delle sue viti, oltre a creare dei paesaggi agrari unici e irripetibili è diventato custode del proprio vigneto e di conseguenza del proprio territorio. Possiamo dire che in questi luoghi esiste una coevoluzione tra l’Uomo e la Vite: da sempre convivono insieme, e spesso le viti sono sopravvissute ad una generazione di viticoltori per essere presi in custodia dalla generazione successiva. Le vecchie viti possono dare dei grandi vini, molto tipici, particolari, territoriali e quindi unici, ma da sole non sono sufficienti, è fondamentale il relativo territorio, vocato da migliaia di anni alla viticoltura, e soprattutto è necessaria l’esperienza, la tecnica, che solo i viticoltori autoctoni possono avere, perché, potremmo dire, dopo tanto tempo, queste capacità professionale si trovano impresse nel loro Dna. È interessante la possibilità di poter recuperare il patrimonio genetico, la biodiversità della vite e averla, sia nella collezione ma anche come possibile progenitore di incroci futuri considerando che questo materiale genetico contiene resilienze a quelle difficoltà climatiche con cui ci stiamo confrontando noi oggi. Sono vitigni antichi con pregi importanti che possono aiutarci nel miglioramento genetico. Questo ci dicono diversi studiosi ed operatori di settore, ma noi, abbiamo l’obbligo di iniziare ad immaginare un progetto di valorizzazione del patrimonio vitivinicolo nazionale raccontato attraverso la storia del territorio, del vitigno e le testimonianze delle aziende nella convinzione che la biodiversità può essere una risorsa importante per il futuro della viticoltura, sia in chiave di cambiamento climatico sia per una migliore diversificazione dei vini anche in chiave commerciale. Il vino è sicuramente uno dei settori trainanti del nostro agri-food, sia a livello nazionale che internazionale e può essere davvero la leva per l’avvio di un processo di sviluppo dei territori, basato sulla diffusione di una conoscenza delle tipicità locali e sulla promozione di un’offerta turistica sistematica ed integrata. Così a margine dell’incontro, Rosario LOPA, Portavoce della Consulta Nazionale per l’Agricoltura e Turismo.