Serata al Teatro S. Ferdinando per la rappresentazione, in prima nazionale, di: Il cinema muto di Roberto Scarpetti, la Regia di Gianfranco Pannone e i protagonisti, Iaia Forte e Andrea Renzi.

Pubblico delle grandi occasioni ed applausi a scena aperta.

Iaia Forte è Elvira Notari e Andrea Renzi l’impiegato Censore

Nello spettacolo CINEMAMUTO «C’è qualcosa che è prossimo a no : L’attualità che trasmette la vicenda di Elvira Notari, la prima regista donna del cinema italiano.

la “prima regista donna italiana”
Lo spettacolo
«Siamo alla fine degli anni venti, il cinema sta cambiando con
l’avvento del sonoro, ma soprattutto in Italia si è imposto il fascismo, qualcosa di ben
lontano dall’anarchica e creativa vitalità dei napoletani. Anche Elvira, trapiantata in città
dalla vicina Cava dei Tirreni, è costretta a intraprendere la sua battaglia: i film che dirige,
spesso ambientati nei bassifondi del “ventre di Napoli”, non piacciono al giovane ma
sempre più invasivo regime dittatoriale, specialmente perché all’estero godono di gran
successo. Insomma, nell’Italia che si dice nuova i panni sporchi si lavano in casa e Leone,
il censore di turno, rimbrotta, consiglia ma soprattutto ordina a Elvira e alla sua Dora Film
di tagliare, ammorbidire, cambiare le sceneggiature dal forte impatto realistico e per
questo considerate poco gradite al credo fascista. Spinta dalla propria energia e
intelligenza – sottolinea Pannone – Elvira, che paga anche il suo essere donna, non
intende accettare i consigli e i ricatti dell’uomo, che, pur camuffati di blanda benevolenza,
si fanno sempre più frequenti. Intraprende così con il suo censore un duello che porterà a
svelare segreti inconfessabili di quell’uomo che la tartassa con le più incredibili e spesso
risibili richieste. Ma il mondo, nel bene e nel male, sta prendendo strade nuove e per Elvira
si prospettano tempi difficili.
Una città “porosa” e spiazzante come Napoli, la donna-pioniera del cinema muto, creativa
e coraggiosa, e un’attrice tra le più talentuose e originali nel panorama teatrale e
cinematografico italiano, compongono una triade tutta al femminile, scaturita dalla penna
sapiente e sensibile di Roberto Scarpetti, che porterò finalmente in scena forte anche del
mio sguardo documentario.
Ma Cinemamuto vuol essere pure una riflessione sulla libertà di espressione. Il fascismo di
fatto interruppe la carriera artistica e imprenditoriale di Elvira, colpevole di essere, oltre
che persona libera da legacci ideologici, una donna in un mondo di uomini. Quel che
accadde poco meno di un secolo fa può essere un monito anche per i nostri controversi
giorni». Gianfranco Pannone
Elvira Notari è la prima regista cinematografica italiana, campana; fonda insieme al
marito Nicola una casa di produzione: la Dora Film.
Durante il regime fascista, Elvira scopre l’amarezza della censura cui vengono sottoposte
le sue opere: si comincia con la traduzione in lingua delle didascalie in napoletano e si
arriva ai tagli di intere scene e al cambio dei titoli, ritenuti non in linea con i principi
promulgati dal partito. Attraverso i colloqui con il sottosegretario del ministero, Leone,
Notari giunge a percepire anche quanto risulti inappropriata la sua stessa professione di
autrice e regista, in quanto donna, che poco si confà all’immagine della donna protettrice
del focolare domestico. Elvira, sdegnata, interroga Leone ogni volta che è costretta a
modificare le proprie pellicole circa consapevolezza personale dell’uomo su quanto sta
accadendo intorno a loro. Il funzionario si dice essere esecutore di direttive, stabilite in
vista di un futuro migliore.
Nel profondo anche il sottosegretario non è libero di esprimersi: è celibe, perché
segretamente omosessuale; e le parole di Elvira gli risuonano in mente. La donna non si
arrende e piuttosto che raccontare storie in cui non crede, girando pellicole in linea con i
valori del regime, preferisce ritirarsi nella sua casa natale, a Salerno, dove ricorda la sua
infanzia e sua madre, giovane donna che ha preso le distanze dalla sua famiglia, che era
salda nell’ideologia fascista, proprio perché sua figlia crescesse libera.

Gennaro D’aria

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