comunicato stampa
Da martedì 30 aprile a domenica 5 maggio 2024
al Teatro Mercadante le sei imperdibili serate
con Umberto Orsini
protagonista dello spettacolo/monologo
LE MEMORIE DI IVAN KARAMAZOV
dal capolavoro di Fëdor Dostoevskij del 1879
con drammaturgia di Umberto Orsini e Luca Micheletti
sul personaggio più controverso e tormentato creato da Dostoevskij
che il 90enne, grande attore affronta per la terza volta nella sua carriera.
La regia dello spettacolo è di Luca Micheletti.
Fa tappa a Napoli – dal 30 aprile al 5 maggio al Teatro Mercadante – l’acclamato
monologo che vede protagonista uno dei massimi volti della scena italiana, tra teatro,
cinema e televisione, qual è Umberto Orsini.
L’attore novarese è impegnato da due Stagioni sui maggiori palcoscenici italiani,
applaudito interprete del monologo scritto a quattro mani con il regista Luca Micheletti,
dal titolo Le memorie di Ivan Karamazov, il personaggio secondogenito dei tre fratelli al
centro del romanzo del 1879 di Fëdor Dostoevskij, I fratelli Karamazov.
Nell’intenso monologo Umberto Orsini si confronta con la complessità di Ivan Karamazov,
libero pensatore che teorizza l’amoralità del mondo e spinge all’omicidio, forse
consapevolmente, l’assassino del padre. Colpevole e innocente insieme, Ivan torna a
parlare, come una creatura smarrita che sente di non aver esaurito il proprio compito, e
cerca di chiarire un’ultima volta le esatte dinamiche dei delitti e dei castighi, in un vero e
proprio thriller psicologico e morale.
Un percorso all’interno dell’ultimo e forse più grande romanzo di Fjodor Dostoevskij, che
l’attore affronta per la terza volta nella sua carriera d’attore come una vera e propria linea
guida e “cavallo di battaglia”, dopo il fortunato sceneggiato televisivo di Bolchi e La
leggenda del grande inquisitore.
Qui, nella ricchezza di un linguaggio penetrante e quanto mai immediato, e
nell’avvicendarsi degli stati psicologici di un personaggio “amletico” e imprendibile,
Umberto Orsini è il grande protagonista di un inedito viaggio nell’umana coscienza che
non teme di affrontare tabù antichi e moderni (dalla morte del padre all’esaasperato
vitalismo all’incontro con il diavolo…) precipitando Ivan Karamazov nel suo personale
“sottosuolo” dal quale egli compone delle allucinate eppure lucidissime memorie,
quarant’anni dopo le vicende del romanzo di Dostoevskij.
L’attore, accompagnato da una musica in stringente e fervido dialogo emotivo con le
parole che egli pronuncia, dà luogo ad una straziata e commovente confessione a tu per
tu con se stesso e con i propri fantasmi, a metà tra la finzione letteraria e il “pirandelliano”
dissidio con un personaggio in cui ritrova le espressioni più oscure del proprio “io”.
IVAN E IL SUO DOPPIO
Note di regia di Luca Micheletti
«Il cuore drammaturgico e registico di queste nostre Memorie di Ivan Karamazov è quello
d’una sofferta e sibillina riflessione sull’identità. Assumendo il romanzo come nucleo
mitologico “a monte”, ci siamo chiesti chi sia Ivan. Un personaggio, d’accordo. Ma anche
l’incarnazione romanzesca di un nodo ideologico cruciale e, quindi, un alter ego
dell’autore… Ivan è una creatura narrativa che, nonostante le diffuse connotazioni che lo
descrivono e le molte pagine che Dostoevskij gli dedica, sfuma nell’imprendibile: è la
maschera e il pretesto di logiche segrete, negate. È un protagonista che si sottrae alla
centralità, individuo che si rifrange in una pluralità di riflessi cangianti, è un’invenzione
sospesa, quasi incompiuta.
Identità plurime e osmotiche, cui nel nostro caso se ne affiancano anche altre, di natura
metateatrale. Sì, perché il nostro Ivan è anche un personaggio-ossessione, che
accompagna cinquant’anni di carriera di un mirabile “capitan Achab” della nostra scena,
un attore che insegue la sua balena enorme e veloce, la arpiona e si lascia trascinare…
dapprima in uno sceneggiato-feticcio che la RAI manda in onda nel 1969, poi in diverse
incursioni sottotraccia che sfociano in uno spettacolo sul solo “Grande Inquisitore” di un
decennio fa, e ora in questo confronto a tu per tu con l’intera parabola romanzesca di Ivan,
che è anche una personale ricapitolazione di luoghi e memorie. Ivan e Umberto, il
personaggio e l’attore che lo incarna, osservano la loro storia, esplorano i loro ricordi,
riascoltano le loro testimonianze a più voci (che sono poi sempre una sola, quella di
Orsini, che risponde oggi alla sua voce di cinquant’anni fa… incredibile occasione!),
celebrando un accorato e solitario processo di sincronizzazione interiore. Doestoevskij
abbandona Ivan al suo destino dopo il processo per il parricidio: è sembrato interessante
ripartire da lì, dal processo. Prigioniero di quell’aula, di un finale mai scritto, di una
sentenza sbagliata, il nostro Ivan continua ad aggirarsi tra i frammenti della sua esistenza,
osservati come prove materiali di fatti e memorie che riemergono a strappi, negli spazi di
lucidità che gli concedono le febbri cerebrali, nel circolare affastellarsi di teorie e ricordi, in
un girotondo giudiziario kafkiano e grottesco, sempre meno reale, che inesorabilmente
scivola nell’ultraterreno».
IL SIGNOR IVAN KARAMAZOV E IL SOTTOSCRITTO
di Umberto Orsini
«Sembra incredibile ma è quasi mezzo secolo che conosco il signor Ivan Karamazov. L’ho
incontrato in uno studio televisivo di Via Teulada, a Roma, e da allora ci siamo guardati
nello specchio e ci siamo confusi uno nell’altro al punto di identificarci o de-identificarci.
L’ho costruito giorno dopo giorno quell’Ivan, gli ho dato un aspetto severo, l’ho fatto
diventare biondissimo, quasi albino, gli ho messo un paio di occhialini tondi e dei colletti
inamidati di fresco. L’ho difeso da una sceneggiatura che lo penalizzava, battendomi per
dare lo spazio adeguato all’importanza del suo “Grande Inquisitore”, inizialmente dato per
troppo cerebrale e dunque probabilmente indigesto al grande pubblico. Con lui,
specchiandomi in lui, ho trascinato il pubblico ad un ascolto record in una puntata dei “I
Fratelli Karamazov” che lo vedeva impegnato in una discussione sull’esistenza di Dio.
È lì che ci siamo incontrati, negli anni settanta, e da allora è stato difficile, per chi in quegli
anni ha seguito quella trasmissione, separare la sua immagine dalla mia.
E, a poco a poco, anch’io mi sono illuso di essere il depositario di quell’immagine, di
essere diventato il suo doppio, il suo SOSIA, per dirla col suo autore, il signor Dostoevskij.
E, negli anni successivi a quel primo incontro in cui gli avevo prestato le mie sembianze,
ho sempre cercato di seguirlo anche fuori dal contesto del romanzo, immaginando per lui
una longevità e un finale che il suo autore gli aveva negato. Mi sono dunque preso la
libertà di rappresentarlo come un personaggio che resiste nel tempo, e mi sono chiesto, e
gli ho fatto chiedere, perché mai l’autore, il suo creatore, lo abbia abbandonato non-finito.
E questo non-finito me lo sono trovato tra le mani oggi, come in-finito e dunque
meravigliosamente rappresentabile perché immortale e dunque classico. “La vera vita
degli uomini e delle cose comincia soltanto dopo la loro scomparsa ….” è una frase di
Nathalie Sarraute che ho inserito in questo spettacolo e che, in qualche modo, ne
riassume il senso. Sono grato a Luca Micheletti di aver condiviso la mia passione per i
temi che lo spettacolo sollecita accarezzando la mia persona con grande cura e
protezione. Come si conviene a due vecchi signori: il signor Ivan Karamazov e il
sottoscritto».
Teatro Mercadante 30 aprile > 5 maggio 2024
UMBERTO ORSINI
in
LE MEMORIE DI IVAN KARAMAZOV
drammaturgia di Umberto Orsini e Luca Micheletti
dal romanzo di Fëdor Dostoevskij
regia LUCA MICHELETTI
scene Giacomo Andrico
costumi Daniele Gelsi
suono Alessandro Saviozzi
luci Carlo Pediani
assistente alla regia Francesco Martucci
produzione Compagnia Umberto Orsini
durata spettacolo 1 h e 10’
calendario rappresentazioni
30/04/2024 ore 21.00 | prima
01/05 ore 17.00 | 02/05 ore 17.00 | 03/05 ore 21.00
04/05 ore 19.00 | 05/05 ore 18.00
info: www. teatrodinapoli.it
Biglietteria: tel. 081.5513396 | e-mail: biglietteria@ teatrodinapoli.it
LE MEMORIE DI IVAN KARAMAZOV – citazioni
- In verità, in verità vi dico… In verità… Ah, la verità! Non è cosa da poco, «tutta la
verità»! Roba da restarsene alla sbarra degli imputati per tutta l’eternità, nel vano
tentativo di individuarla, di denunciarsi, di condannarsi. - Il mio nome è Ivan Fjodorovic Karamazov. Sono un uomo cattivo, come lo è ogni
uomo. E sono, per giunta, una creatura incompiuta. Ero solo un ragazzo quando
iniziai a rendere la mia testimonianza, qui, al processo per l’assassinio di mio
padre… poi… Come mi sono ridotto così? Da quanto va avanti questa istruttoria?… - Sono ancora qui. Rimasto dove mi videro tutti l’ultima volta, trincerato in questo
tribunale – deciso a terminare la mia testimonianza a proposito del parricidio. - Eccomi qui per dire la mia verità, in questo lugubre processo a me stesso che non
ha avrà mai termine, ancora alla sbarra! - Sono Ivan Karamazov e reclamo un finale. Esigo la mia sentenza!
- Sono io il colpevole della morte di mio padre? E, se lo sono, di fronte a chi lo sono?
Agli uomini? A Dio? È l’uomo che ha inventato Dio. Il proprio «padre celeste». E poi
l’ha ucciso, proprio come tutti i figli uccidono i padri. - «È mai possibile, Ivan, che un uomo abbia il diritto di decidere chi è degno di vivere
e chi non lo è? Insomma, è lecito l’omicidio?». Gli risposi qualcosa di terribile… - Volevo andare lontano, lontano dai guai, lontano da lui, da loro…Via! Via da tutto! E
se qualcosa doveva avvenire, avrei lasciato che avvenisse, fingendo di non capire
cosa stava succedendo… - Tutti desiderano almeno una volta la morte del loro padre. E abbiate almeno il
coraggio di dire che è vero. E che siete qui a divertirvi soltanto perché c’è da
sguazzare in un parricidio! - Non sono malato, non sono pazzo! Sono un assassino. Sono il mandante
dell’uccisore di mio padre. E voglio che mi si creda. - io l’ho istigato a farlo… Questa è la mia verità. Io sono il vero responsabile
dell’omicidio. I miei pensieri hanno armato la mano di quel mentecatto. Le mie idee
furono giuste, il parricidio fu un errore.