TANTE PAROLE MA POCHI FATTI
Luigi Santini
Tante parole, pochi fatti. La conferenza stampa della Presidente del Consiglio è un
esempio poco rassicurante per il Paese. Il contrario di quanto fosse lecito aspettarsi.
L’evento non ha visto momenti di scontro, quanto piuttosto, una pagina
sconfortante del dibattito politico. La Presidente del Consiglio è stata assai brava a
svicolare su domande dirette, o sgradite, limitandosi a risposte vaghe, oppure
cercando di gettare la causa dei problemi sui governi precedenti.
Governare è difficile. Ancor più in una democrazia matura. In esse vale il principio
che qualsiasi maggioranza, eletta lecitamente, sia legittimata ad applicare il suo
programma politico. Ma governare non significa comandare. Il governare implica il
dialogo, il confronto, persino il cedimento occasionale rispetto ai propositi della
maggioranza.
Sulla questione è molto preoccupante che – rispetto al richiamo di Mattarella sul
rinnovo delle concessioni balneari – Giorgia Meloni abbia risolto il problema,
affermando “ne terremo conto”. Esempio di palese sgrammaticatura Istituzionale,
se non di poco rispetto nei confronti del Capo dello Stato.
Politicamente la Meloni è certamente brava, ma quello che fa acqua da tutte le parti
è la compagine di governo nel suo insieme. Non vi è ormai ombra di dubbio sul fatto
che l’esecutivo abbia un calibro mediamente basso. Salvo poche eccezioni, tanto i
ministri quanto i sottosegretari e i vice ministri si dimostrano pericolosamente
incompetenti.
Ad una domanda di un cronista Giorgia Meloni ha ribattuto che le piacerebbe sapere
chi, in questo paese, “detta le carte”. Affermazione alla quale fa seguire una frase
perentoria: “non mi farò ricattare”. Prospettiva lodevole con la quale la Presidente
del Consiglio ha dovuto fare i conti. Nell’azione di Governo i responsabili politici (a
cominciare dal Premier) sono sottoposti a pressioni da quelli che vengono indicati
come poteri forti. Ad ogni scelta che Governo e Parlamento deve compiere, si
levano gli scudi di questa o quella consorteria. Riesce difficile credere che Giorgia
Meloni, che fa politica da più di trent’anni, si stupisca di essere stata, anche
personalmente, oggetto di attenzione da parte dei gruppi di interesse. Lei afferma
con decisione di non aver ceduto in nessun caso. In verità, a dimostrare il contrario,
basterebbe citare i casi dei sovraprofitti delle banche, del settore dell’energia, del
commercio delle armi, per concludere che anche il suo governo ha ceduto, in alcuni
casi, a pressioni dei gruppi di interesse.
Dalla conferenza stampa viene confermata la palese allergia di Giorgia Meloni per
un confronto effettivo. Vi sono vicende con le quali la Premier fatica a fare i conti.
Ad esempio Giorgia Meloni ha fatto cenno alla nomina di Giuliano Amato come
coordinatore di una commissione di studio governativa sulla intelligenza artificiale,
sottolineando di non averla voluta lei. Amato ha subito dichiarato di essere pronto a
farsi da parte. Questo caso dimostra la tendenza del Governo a escludere persone e
soggetti sgraditi, perché non allineati con gli indirizzi della maggioranza.
Si tratta di un segnale preoccupante, sia sul piano politico, sia sul piano della qualità
del ceto di Governo. Soprattutto nei momenti di crisi occorrerebbe, per governare,
accogliere le forze e i soggetti migliori presenti nel Paese. Ciò vale sia per i politici
che per coloro che lavorano nelle istituzioni. Come diceva il Presidente De Mita, la
politica dà gli indirizzi, tutto il resto è amministrazione, cioè applicazione delle leggi.