Magistratura e politica
Luigi Santini
Le dichiarazioni rilasciate dal ministro della Difesa in un’intervista al Corriere
della Sera hanno generato una pericolosa polemica. La possibilità che Crosetto si sia
lasciato sfuggire opinioni altrui della cui veridicità non ha prove sarebbe segno di
inadeguatezza politica e istituzionale. Oppure accuse così gravi potrebbero
rappresentare la conferma della scelta del Governo di immettere nel dialogo pubblico
argomenti tesi e distrarre la pubblica opinione dai problemi più urgenti e concreti. Se
fosse così, si tratterebbe di una pericolosa irresponsabilità. Le sue osservazioni sulla
magistratura, nelle quali evoca il pericolo che una parte di essa stia complottando per
far cadere il Governo, sono gravissime. Scelta assai criticabile: non si agitano accuse
generiche con pure allusioni o con opinioni generiche. L’ipotesi è di una tale gravità
che meritava di essere riferita alla Procura della Repubblica competente. Non certo
parlarne a ruota libera in un’intervista ad un quotidiano. Le affermazioni del ministro
della Difesa confermano, al di là dei contenuti, il difficile rapporto tra la Destra e la
magistratura, accusata costantemente di essere di sinistra, o di parteggiare per essa.
Tale schema è tanto sbagliato, quanto sterile. L’insieme del corpo delle “toghe”
è tanto ampio e variegato da rendere impossibile tale assunto. Molto più pregnante è
il problema del rapporto tra politica e magistratura. Questa – nel modello della
nostra Costituzione – è un potere (ancorché la Carta costituzionale la definisca un
“ordine”). È un potere perché è indipendente dal Governo e opera in autonomia per
garantire il rispetto delle leggi e delle altre norme. Nel rapporto complesso tra politica
e giurisdizione – in quanto funzioni formalmente separate nella distinzione dei poteri
– sono presenti tre pilastri (legalità, diritto, legittimazione) che fungono da sostegno
del tessuto democratico, ma intorno ai quali si sviluppa una perenne competizione
finalizzata a modificare gli equilibri in campo. Al riguardo, le vicende politico-
istituzionali degli ultimi decenni mostrano quanto l’intreccio tra potere politico e
potere della giurisdizione abbia assunto ripetute incrinature, determinando frizioni
che sono sfociate spesso nello scontro. Ciò è avvenuto a partire dal 1992, allorché in
Italia una magistratura storicamente abituata a una subordinazione al potere
esecutivo ha acquisito una forza d’urto tale da procurare ripetuti scossoni negli assetti
politici. Questi fenomeni si sono verificati, in misura prevalente sul terreno della
corruzione (nelle diverse fattispecie giuridiche nelle quali il fenomeno può
manifestarsi). Corruzione di ampio spettro che, normalmente, ha visto protagonisti
esponenti del mondo imprenditoriale e pubblici funzionari. In tali vicende
assumevano un ruolo specifico esponenti del sottobosco politico, ai quali spettava il
compito di interferire nelle scelte politiche in modo né trasparente, né legittimo.
Il ministro Crosetto ha dichiarato di essere disponibile a riferire in
Parlamento. È l’unica soluzione accettabile, affinché su questa paradossale vicenda si
faccia luce. Anche perché ha preso l’avvio la riforma della magistratura con i primi
decreti delegati che riguardano le modalità di ingresso in carriera e di valutazioni
“tecniche” sull’operato dei magistrati.