Comunicato stampa
Redazione Cultura e Spettacoli
Opera di Stato Varna Bulgaria
Giuseppe Verdi
Nabucco

Direttore Jacopo Sipari di Pescasseroli
Sabato 5 aprile ore 19
Info.: http://www.opera.tmpcvarna.com/index.php/bg/
+359 52 665 020
Jacopo Sipari e la tensione spirituale del Nabucco
Il direttore abruzzese sarà sabato 5 aprile, alle ore 19 sul podio
dell’Opera di Varna, in Bulgaria, per l’opera verdiana, dopo
l’annunciato successo della Tosca al teatro di Maribor. In scena Plamen
Dimitrov nel ruolo del titolo con Johana Zhelezcheva e Mihaela Berova,
per la regia di Kuzman Popov
Dopo una Tosca che ha chiuso aureamente il marzo musicale dell’Opera Nazionale
Slovena di Maribor, il Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli, sarà sabato 5 aprile,
alle ore 19 sul podio dell’ Opera di Varna, in Bulgaria, che festeggia la sua
LXXVIII stagione, per dirigere Nabucco di Giuseppe Verdi. Se Puccini resta autore
d’elezione del direttore d’orchestra abruzzese, infatti, è stato un successo annunciato –
per di più con soprano diverse nelle due repliche, Sabina Cvilak e Rebeka Lokar, con
al loro fianco, il degno Mario Cavaradossi di Max Jota, mentre il nero del barone
Scarpia è stato schizzato da Jaki Jurgec, sull’idea registica di Pier Francesco
Maestrini – nella personale visione musicale del Maestro la ricerca e la richiesta
all’orchestra di un’espressività scovata nelle viscere dell’inferno e in un
luminosissimo cielo, non frenando neppure una riga di pianto, nel “Vissi d’arte” e la
consapevolezza che cede alla disperazione in “Lucean le stelle”, anche il giovane
Verdi vivrà della tensione spirituale che intride la trasversale lettura della partitura da
parte di Jacopo Sipari. “ Nabucco è un’opera che io amo profondamente – ha
dichiarato il M° Jacopo Sipari – perché mi ricorda una delle prime produzioni
affidatemi, nella splendida cornice del teatro antico di Pompei, con una voce
d’eccezione che è quella di Dimitra Theodossiou. L’ho sempre trovata una delle
opere più ricche di emozioni di Verdi e sono oltremodo entusiasta di riaprire questa
partitura. Qui a Varna l’ho diretta già diverse volte sia nella stagione estiva nell’arena
all’aperto, che in teatro sempre con grandi stelle, su invito del sovrintendente Daniela
Dimova. E’ questa un’opera in cui mi ritrovo, un Verdi che amo perché ricco di
pathos, in particolare nei concertati finali e ho sempre provato ammirazione per il
ruolo di Abigaille, come del resto anche quello di Nabucco. Tra l’altro è una partitura
che mi permette, in particolare nella conversione finale, di evidenziare la spiritualità,
quel taglio che caratterizza la mia lettura della musica tutta, che vado a ricercare in
ogni opera. In Nabucco è un discorso che viene quasi naturale, essendo un Verdi
gravato da lutti, e si intuisce quel desiderio di cercare delle risposte, di guardare oltre
la caducità dell’umano terreno”.
Un cimbasso, due arpe, timpani, cassa tamburo, triangolo, banda, in aggiunta ai soliti
archi e fiati, un organico notevole quello preteso da Nabucodonosor, dramma lirico in
quattro parti di Temistocle Solera, che la Scala programmò per il Carnevale del 1842.
Se c’è un’opera che sappia essere più forte e più povera dei Puritani, meno ricca di
Aida e non meno forte di Don Carlos, questa è veramente l’elementare, a suo modo
irripetibile Nabucco di Giuseppe Verdi, che a parte la gemma melodico-espressiva
del coro celeberrimo, è partitura tutta bella, buona e compatta, articolata da un istinto
e da una mano già incapaci di sbagliare.
Una rilettura quella di Jacopo Sipari, che immaginiamo basata sul ritmo, sulla
velocità, sull’odio, per elevarsi, poi, nelle oasi di preghiera, che diventa denuncia
civile in un periodo in cui anche la musica contribuì a far rialzare la testa al nostro
popolo, sotto il tallone austriaco. Il lessico del melodramma più conosciuto, tra quelli
del giovane Verdi, avvalora senza dubbio l’asserzione che la sua musica sembra di
una tal gagliarda forza illustrativa e comiziale da assumere una specie di ruolo di
guida della coscienza civile dell’Italia da fondare, o, se si preferisce, di documento
che testimonia di un’area sociale, culturale e linguistica, su cui tuttora ci si esercita
come su un libro di storia patria. La violenza brutale dell’eloquio e la realizzazione in
musica, non di caratteri individuali, ma, piuttosto, di formule, schemi, simboli di una
tensione collettiva, su cui il regista e il direttore hanno puntato. La partitura verdiana
porta tanti segni è sofferta. La sua cruda evidenza sarà fatta rivivere, in quel
“guazzabuglio”, di emozioni e contrasti, che è il cuore umano, per evocare termini di
manzoniana memoria. E’ una cruda evidenza riscontrabile fin dalla celeberrima
sinfonia dell’opera, ove l’elementarietà del suono di fanfara colpisce come la lingua
di un sanculotto introdottosi in un salotto bene, ma subito s’avvertirà, nel corso dello
svolgersi dell’opera, un altro tratto di singolarità, l’assenza di un protagonismo
tenorile. Si sa quanto il tenore del melodramma romantico nazionale, il belliniano e il
donizettiano, si fosse identificato con l’ “eroe” o, comunque, avesse avuto funzione di
strumento primario d’emozione: il povero Ismaele, al quale darà voce Valery
Georgiev, è ben lungi da ciò, poiché Verdi ha chiaro già in mente come l’epica sarà,
d’ora in avanti, compito della corda baritonale, la più virile, la più psicologica,
Nabucco, quindi, che vivrà del talento di Plamen Dimitrov, Zaccaria sarà un vero
basso, Geo Chobanov e il gran sacerdote di Belo, Petar Petrov. Abigaille, portatrice
dell’istanza belcantistica, ma allo stesso tempo colei che quell’istanza ribalterà, in
forza dell’inaudito spessore del declamato, sarà Johana Zhelezcheva, mentre Fenena
avrà la voce di Mihaela Berova. Cast completato da Artem Arutyunov (Abdallo) e
Galina Velikova (Anna). Connotazione mitica per il coro diretto da Teodora
Georgieva, che eleverà il “Va’ pensiero”, non da escludere nel bis con l’intero
uditorio.

