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”Il francese, Biancaneve e il settebello” di Marianna Scagliola: un viaggio nell’identità e nel gioco linguistico

di Ezio Micillo

Il francese, Biancaneve e il settebello” di Marianna Scagliola è un libro che si fa notare per la sua originalità e la capacità di trattare temi complessi con uno stile accessibile e coinvolgente. Un’opera che mescola il gioco linguistico e le riflessioni personali sull’identità, il linguaggio e le radici culturali.

Il romanzo parte da un incontro tra due mondi opposti, ma legati e dipendenti, uno povero e degradato e l’altro borghese ed elitario. Entrambi interconnessi dalle stesse problematiche sociali, luoghi di gioie e sofferenze, dove la ricchezza e la miseria non sono determinate dall’ambiente in cui si vive, ma piuttosto da altri fattori, come le scelte personali, le opportunità o le circostanze sociali ed economiche. Esse sono esperienze che possono essere vissute in qualsiasi parte del mondo, indipendentemente dall’ambiente geografico, e dipendono più dalle condizioni individuali, dalle relazioni sociali e dalla gestione delle risorse che da dove ci si trova fisicamente.

Nel libro si raccontano le due realtà apparentemente controverse, il quartiere di Scampia che rappresenta una comunità dove l’aspetto umano è modellato dalla convivenza del luogo e dalle discriminazioni per i luoghi comuni, falsandone il vero significato. Ed il quartiere Vomero, un luogo blasonato che nasconde un mondo di segreti inquietanti e di abusi inauditi.

La scrittrice, nel suo racconto stabilisce una relazione emotiva e intellettuale tra ”biancaneve” ed il ”francese”, in questa chiave, Biancaneve non è il personaggio delle fiabe classiche, ma diventa una metafora di ricerca e di adattamento a un mondo che non è mai completamente nostro, ma che ci sfida continuamente.

L’altro invece, il francese, allo stesso tempo, diventa un ponte verso una nuova visione del mondo, un simbolo di una cultura e di una dimensione che la protagonista cerca di comprendere, di conquistare, ma che resta in parte sfuggente.

Due personaggi legati dallo stesso legame, la pedofilia, un male oscuro e subdolo, fatto di inganni e raggiri per raggiungere lo scopo perverso, un piacere egoistico che dissemina sul terreno le prede, senza pudore e contegno. Essi troveranno sul loro percorso Gaetano e Vincenzo, del quartiere Scampia, che lotteranno per salvare i bambini preda dei due personaggi spietati e condizionati dall’uso della cocaina.

La storia è un caleidoscopio di situazioni, ricordi e frammenti di esperienze che si intrecciano, in una continua riflessione sul significato dell’amore e sulla sua complessità.

L’autrice, nel libro, affronta con coraggio e delicatezza il tema degli abusi sui minori, un argomento forte, possente che è causa di profondi disagi, un male che, ancora oggi è presente nella nostra comunità, esso divora gli animi delle persone, dei bambini. La pedofilia è una gravissima forma di abuso e di violazione dei diritti umani, ed è chiaramente una causa di grande sofferenza e danno per le vittime. Ha effetti devastanti sul benessere fisico, psicologico ed emotivo delle persone coinvolte, specialmente quando queste sono vulnerabili.

Attraverso gli occhi innocenti dei protagonisti, assistiamo alla lenta disgregazione di un mondo apparentemente sicuro, e veniamo costretti a confrontarci con le nostre responsabilità di adulti.

Anche se le società e le leggi moderne, oggi, riconoscono l’importanza di proteggere i bambini e le persone vulnerabili da ogni tipo di abuso, questo dramma persiste e non tutti trovano sempre il coraggio di denunciare.

Marianna, nel suo lavoro invece lo fa, trova il coraggio di descrivere questo pericolo, questo suo fare anche goliardico le permette di lanciare un monito alle istituzioni per sollecitare la coscienza e porre maggiore attenzione al problema, auspicando interventi più concreti per supportare le vittime e impedire che questi crimini avvengano.

Con il suo linguaggio vivace e la sua scrittura dinamica, riesce a fondere temi filosofici e culturali con un tono narrativo che sa essere anche leggero e ironico. Il libro è una riflessione sul mondo contemporaneo, sulla confusione tra le lingue, le culture e le identità. La scelta di un linguaggio vivace e a tratti ironico, invita il lettore a una riflessione profonda sulla propria identità, sulle aspettative culturali e sulle difficoltà di entrare in contatto con l’altro, rendendo piacevole la lettura ed al contempo suscitando riflessioni sulla bellezza, sull’apparenza e sulle difficoltà di comunicare in un mondo in cui le identità e le culture si mescolano e si confondono.

In un’epoca sempre più globalizzata, dove il francese diventa un simbolo di un altrove che può essere desiderato ma anche incomprensibile ed inaccettabile, l’autrice invita il lettore a confrontarsi con i propri desideri, le proprie frustrazioni e le proprie speranze.

Un bel libro, da gustare e da leggere.

© Ezio Micillo giornalista e fotoreporter

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