Marketing, Politica e Mojito I Pasquale Incarnato ha fatto un Cross-post di un post da Message in a BottlePasquale Incarnatogen 10 · Marketing, Politica e Mojito I Pasquale IncarnatoSocial Media e disinformazione; Meta ammorbidisce la presa sul controllo dei contenuti negli Usa ed apre a Trump; il Tycoon strizza l’occhio a Tik Tok provando a mediare sull’imminente ban dell’applicazione cinese imposto da Biden.

Insomma, grosse novità e numerosi cambiamenti per il mondo dei social media che lambiscono i perimetri della politica e dell’economia internazionale.

Ne ho parlato in questo approfondimento che spero possiate vedere con calma, magari davanti ad una cioccolata calda (rigorosamente al caramello salato per cui ho un debole). Ma anche un buon rosso va benissimo.

Buona lettura.Tik Tok, Meta e la libertà d’espressioneFact Checking e contrasto alla diffusione della disinformazione sui social media.Message in a Bottle and Pasquale Incarnatogen 10 LEGGI NELL’APP Articolo scritto e liberamente elaborato da Pasquale Incarnato tratto dal video di Mark Zuckemberg pubblicato su Facebook.La situazione negli Stati Uniti pare diventare interessante per gli addetti ai lavori; per le Big Tech del settore social media e per chi come me ha sempre un occhio attento – provando a dare anche un piccolo contributo in Europa – sul rocambolesco rapporto che intercorre tra il web e la regolamentazione.Ma andiamo in ordine.Qui, ieri, il patron di Meta (Instagram, Facebook e Threads) ha annunciato grossi cambiamenti, dopo solo 1 anno dall’introduzione di una funzione che mira(va) alla tutela della qualità dei contenuti combattendo la disinformazione: mi riferisco all’abolizione dei Fact Checker, ovvero enti terzi deputati, fino ad oggi, a “contrastare la diffusione della disinformazione su Facebook, Instagram e Threads”. Si tratta di organizzazioni e società di fact-checking indipendenti, certificate dalla rete indipendente International Fact-Checking Network (IFCN) o dall’European Fact-Checking Standards Network (EFCSN), che lavorano per individuare, verificare e prendere provvedimenti in relazione ai contenuti che favoriscono la disinformazione. Abolizione che Meta vuole attuare – in favore della libertà d’espressione – un sistema attuato da Musk con X, quello delle Note Communites, ovvero singoli utenti che possono siglare e commentare un contenuto fuorviante così che il lettore in un qualche modo possa essere allertato. Così, il Presidente degli Affari Globali di Meta Joel Kaplan, commenta la decisione:“troppi contenuti innocui vengono censurati, troppe persone si ritrovano ingiustamente bloccate nella prigione di Facebook e, quando succede, spesso siamo troppo lenti a intervenire. Intendiamo cambiare il nostro approccio: metteremo fine all’attuale programma di fact-checking gestito da terze parti negli Stati Uniti e passeremo invece a un programma basato su Community Notes. Abbiamo visto che questo approccio funziona su X, dove la comunità viene coinvolta per decidere quando i post sono potenzialmente fuorvianti e necessitano di maggiore contesto. Persone con prospettive diverse collaborano per stabilire quale tipo di contesto possa essere utile agli altri utenti”.Quindi, provo a fare chiarezza e previsione sul cosa stia accadendo nella fattispecie: Meta ritorna alle origini, per ora solo negli Usa (ed a breve ci ritorniamo qui), dove il controllo sui contenuti era ridotto all’osso in onore della libertà d’espressione. Ma come sempre accade i sistemi – se estremizzati – possono avere delle storture ed in questo caso faccio riferimento al tempo in cui gli specialisti del web sguazzavano in questa jungla con la diffusione di notizie false o fuorvianti, soprattutto nel campo politico.Ecco, ora parliamo di politica: alcuni mesi fa in un approfondimento (che potete leggere QUI) ho parlato del conflittuale rapporto tra Usa e Tik Tok che ha partorito ad aprile 2024 una legge firmata da Biden che impone alla società cinese ByteDance (Tik Tok) – per questioni di “privacy” – di trovare un acquirente americano per la piattaforma entro il 19 gennaio 2025. Viceversa, entro 90 giorni il popolare social cinese verrà vietato negli Usa. Mentre Trump, al tempo all’opposizione ed in corsa alle presidenziali, con un colpo di reni passò dal dichiarare Tik Tok “un pericolo pubblico”, ad ammorbidire la presa. Ma perché? Semplice: la campagna elettorale, sia in termini di libertà di pubblicazione che di opportunità politica visto che il miliardario americano Jeff Yass, che è anche un sostenitore (economico) di Trump, sia uno dei principali investitori di Tik Tok. Mentre oggi come siamo messi? Semplice: il neoeletto Presidente degli Stati Uniti Trump solo alcuni giorni fa ha annunciato in modo netto e forte che vuole provare a cambiare lo stato di cose facendo ricorso alla Corte Suprema per sospendere la legge di Biden che minaccia il divieto di TikTok negli Stati Uniti. Il Tycoon vorrebbe che la Corte Suprema Corte gli desse più tempo “per perseguire una soluzione pacifica” della disputa sulla popolare piattaforma.Quindi, provo a commentare il tutto modo macrospopico: Zuckerberg cambia rotta ed “apre” la sua piattaforma, strizzando senza dubbio l’occhio a Trump. Infatti il Kaplan di cui sopra, messo in ruolo di focale importanza alcuni giorni fa, è un Repubblicano di ferro e da sempre sostenitore, creando non pochi problemi a Meta che fino a ieri cenava con Biden, del free speach. Insomma, anche il mondo tech si prepara all’insediamento del Tycoon alla Casa Bianca celebrando di fatto il passaggio dello spostamento politico del potere tecnologico negli Stati Uniti.Ma questo vento di cambiamento cela, ma manco troppo, anche un altro importante motivo: il fondatore di Facebook non vuole che Tik Tok guadagni ancor più terreno negli States e nel mondo. Soprattutto dopo l’ultima azione di Trump che si è mostrato simpatizzante della piattaforma cinese per avere, di certo, dalla sua la il social media orientale senza lasciare il monopolio del mercato a Meta.Ed in Europa?Qui viene il bello. Nell’estate del 2023, ne parlo in una analisi qui, è entrato in vigore il Dsa, ovvero il Digital Service Act, la regolamentazione Europea che mira a mantenere un ambiente di piattaforme online equo e aperto per rendere un ambiente digitale sicuro ed affidabile grazie all’introduzione di norme più stringenti per le Big Tech. E tra le applicazioni chiave del Dsa vi è anche l’obbligo da parte delle piattaforme digitale di maggiore controllo sui contenuti illegali et similia. Quindi, non so se vi è chiaro: da una parte, negli States, Meta apre alla libertà d’espressione abolendo di fatto i controlli dei contenuti, mentre in Europa deve sottostare a regole che impongono controlli più serrati. Legislatore diverso diverse policy? Come gestirà tutto ciò il colosso dei social media? A breve lo scopriremo.Dopo aver fatto il quadro politico-economico ed urlato allo spostamento di Zuckerberg verso i Repubblicani, ci terrei a focalizzarmi su di un tema che oserei definire “scientifico”, ovvero sul vero valore apportato dal fact checking, dietro enormi investimenti, al mondo Meta. Ed infatti voglio partire da un interessantissimo tema di cui ha parlato scientemente ieri il Professore della Sapienza Walter Quattrociocchi su Il Corriere della Sera in cui ha sollevato che studio e di cui parlo ormai da anni: l’architettura informatica e sociale sulla quale si regge tutto il sistema social media. Per quanto si possa intervenire nei vari sistemi di monitoraggio e controllo rispetto la bontà dei contenuti, un fatto è chiaro e rimane: queste piattaforme vivono del tempo trascorso dalle persone su di esse. Per dirla alla buona, più un contenuto – qualitativo, reale o no che sia – genera interesse più le big tech guadagnano grazie alla vendita di spazi pubblicitari. Ci si riempie (tanto) la bocca di disinformazione ma dovrebbe essere chiaro a tutti che questi strumenti fanno intrattenimento, non informazione. Quindi perché tutelare davvero la seconda a scapito della prima? Cadrebbe il perno economico sul quale è costruito il paradigma.Quindi, possiamo affermare che il fact checking in quanto tale non funziona realmente e mai lo farà, così come altri strumenti. Infatti, sempre Quattrochiocchi in una ricerca di alcuni anni fa (Debunking in a World of Tribes), che ho letto con piacere già al tempo, evidenziava come esistano delle camere dell’eco o meglio eco chamber dove il dibattito si polarizza ed emotivamente quel popolo digitale non lo distogli da quanto pensa, seppur con confutazioni scientifiche che ne dimostrano il contrario. Quindi, per quanto il controllore possa etichettare quel contenuto come “falso, nocivo”, limitarne la diffusione o addirittura cancellarlo, la smentita ha sempre meno valore dell’affermazione, reale o no che sia.Mentre per il “nuovo” sistema di controllo Community Notes che verrà introdotto da Meta negli Usa al posto del fact checking? Anche questo è traballante dato che hanno un ritardo medio importante nel fornire contesto, quindi senza dubbio inefficaci nel prevenire la diffusione di eventuali contenuti fuorvianti che sono già diventati virali; così come il fatto che il collegamento tra algoritmo ed uomo non permette una riduzione automatica della visibilità dei contenuti “problematici”.Ma quindi come risolviamo tutto ciò? Semplice, non risolveremo mai in modo definitivo il problema della disinformazione. Abbiamo una sola arma dalla nostra: l’educazione dei cittadini digitali in modo che questi possano discernere in autonomia la tossicità di alcuni elementi.Message in a Bottle non è un progetto editoriale, ma un think tank indipendente che rielabora e approfondisce articoli internazionali. Tutti i contenuti sono liberamente reinterpretati e commentati nel rispetto dei diritti d’autore, senza violazione del copyright originale. 

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