IL PESSIMISMO COSMICO DI “SENZA EREDI” DI MARCELLO VENEZIANI
Di Laura Caico
La ritirata dell’intelligenza umana. Questa – secondo Marcello Veneziani intervenuto a Villa Domi per presentare il suo ultimo libro edito da Marsilio “Senza Eredi” nel corso di un evento promosso da Polo Sud, Controcorrente Edizioni e dal Centro Studi Golia – e’ la vera sciagura della contemporaneità che vive senza memoria storica e senza proiezione nel futuro, come un albero senza radici che non può dare frutti perché va progressivamente isterilendosi. Nel corso dell’interessante e quantomai stimolante incontro – introdotto dal presidente di Polo Sud Amedeo Laboccetta, con i dotti interventi del brillante direttore de Il Mattino Roberto Napoletano e dell’appassionata Lina Lucci ex segretaria generale Cisl Campania, i suggestivi intermezzi recitativi dell’attore Luca Violini e la gradevole performance musicale di Francesco Viglietti e del soprano Martina Bortolotti – si è dato ampio spazio alla citazione di brani del libro che delinea una pessimistica visione del mondo, trascinato in una deriva materialistica, in una moltitudine di solitudini incollate a uno schermo, in una perdita dei valori e dei principi in nome dei quali, sin dagli albori della Storia, si sono scatenate rivoluzioni, immolate vite, combattute battaglie, su cui si sono edificate Costituzioni, leggi e pilastri morali, pietre angolari nate a sostegno dell’umanità.
Dissentendo da chi ritiene che la più grande minaccia per il genere umano sia oggi rappresentata dall’avanzata dell’intelligenza artificiale, Veneziani propone di costruire un avvenire diverso attraverso una ribellione a questa deriva, una rivolta intellettuale, etica e filosofica incentrata sul recupero delle tracce del passato: l’ingrediente principale della ricetta vincente di Veneziani – da lui creata per contrastare questa situazione di progressivo annullamento della memoria – passa attraverso la conoscenza più approfondita di 70 figure di scrittori, fisici, inventori, letterati, critici, storici, artisti, filosofi e pensatori che hanno lasciato un segno importante nella storia dell’umanità. Un caleidoscopio di “maestri veri, presunti e controversi, in un’epoca che li cancella”, un tourbillon di volti e pensieri – proposti con un’analisi critica del loro operato – di nomi illustri “vicini e lontani” tra cui Vincenzo Cuoco, Giacomo Leopardi, Dominique Venner, Fausto Gianfranceschi, Alessandro Manzoni, Guido Tonelli, Gabriele D’Annunzio, Friedrich Nietzsche, Paolo Isotta, Alberto Moravia, Ezra Pound, Giuseppe Mazzini, Marcel Proust, Franz Kafka, Luciano De Crescenzo, Massimo Cacciari, Gianfranco Miglio, Giovanni Verga, Andrea Camilleri, Carlo Rovelli e persino il Papa Ratzinger. Nell’esaminarne vita e opere, Veneziani non nasconde che per alcuni di essi si tratta di “menti entrate nella sacra oscurità della follia”, giacchè – come recita l’ultima quartina di D’Annunzio – “Tutta la vita è senza mutamento, ha un solo volto la malinconia: il pensiero ha per cima la follia e l’amore è legato al tradimento” : tuttavia, ognuno di essi ha costruito un tassello che va a ricomporre il misterioso puzzle della vita umana sulla terra, un disegno ad oggi ancora immerso nelle nebbie di una conoscenza lontana da raggiungere che può costare a chi ci prova la cacciata dall’Eden. Un viaggio speculativo che ha spinto molte elucubrazioni nel vortice della pazzia, facendo naufragare le loro più azzardate ipotesi come la nera nave di Odisseo, spintosi troppo oltre il volere divino, la mitica Argo “dalle corna dritte” consacrata poi a Poseidone e trasformata in costellazione, a dimostrazione che agli uomini non è concesso erigersi a dei e superare le colonne d’Ercole, il baluardo invalicabile che separa il fragile soffio della vita umana dalla sacralità della morte.
I conversatori hanno portato valide argomentazioni sul declino della civilta’ occidentale, sulla “damnatio memoriae” che Veneziani cita spesso in “Senza Eredi”, sul passato che l’autore reclama invece quantomai necessario per costruire il futuro, lamentando il “taglio dei ponti” che ce ne separa: in un interessante passaggio del libro, Veneziani sostiene che oggi non è più possibile un pensiero nuovo “perché non è pensabile e non è convertibile in pratica. Oggi il nuovo si addice ai modelli della tecnologia che seppelliscono i precedenti: nuovo può essere uno smartphone, un tablet, un’app, un video, uno spot. Ma un pensiero nuovo è inconcepibile, odora di déjà-vu, come gli ultimi pensieri nuovi che nacquero e finirono lungo il Novecento. Ciò che è nuovo invecchia in fretta e cede il passo al più nuovo. E poi non sembra possibile un pensiero nuovo perché tutto appare già provato e consumato e quel che fu detto non vale più ai giorni nostri, quasi fosse scaduto, sfinito, tradito”.
Ancora più oltre nel testo,Veneziani sostiene che “la nostra civiltà vive nel declino e nell’attesa della morte anziché della nascita, finché non riuscirà a pensare il nuovo. Che è poi semplicemente pensare. Perché ogni pensiero vero non è ripetizione rituale, come invece è la preghiera o ripetizione meccanica, come il riflesso automatico o il processo tecnologico. È invece novità, rielaborazione critica, originalità alla ricerca dell’origine. Pensare il nuovo non vuol dire pensare ciò che non esiste, creare dal nulla, abitare l’utopia. Ma significa disporsi alla nascita, al rinnovamento, sapendo che ogni aurora comporta un tramonto e il nuovo mattino rinnoverà l’eterna promessa di un giorno che sorge e poi tramonta, compiendo il suo ciclo. Il nuovo è la luce del mattino che torna ad albeggiare, poi verrà una nuova sera. Il pensiero è una nuova vista, mentre la filosofia sta scemando in una nuova cecità, sorretta dal bastone bianco dell’innovazione tecnologica e guidata dal cane lupo del dispositivo elettronico”.
Avviandosi alle conclusioni, Veneziani sostiene nel libro che “in una società senza eredi, l’intelligenza artificiale resta l’unica erede universale in cui confluiscono, liofilizzati e polverizzati, tutti i saperi e ogni cultura devitalizzata diventa un granello di informazione nel Big Data Universale.”
Un segno di speranza appare quando nelle ultime righe del pregevole e affascinante volume Veneziani afferma che “Il miracolo che preserva il mondo dalla sua naturale rovina e la natalità, la nascita di nuovi uomini e il nuovo inizio. Nascere, però, non è solo l’avvento del nuovo: nascere è ereditare, così come morire è lasciare in eredità…. Così è stata e così sarà la storia del mondo, fino a che ci sarà il mondo”.