ROSARIO MEO, UN ATLETA A DIFESA DEL MARE
Di Laura Caico
Nuoto, tennis, calcio. Un trittico di sport a cui dedicarsi nel (poco) tempo libero. Il Capitano di Vascello del Corpo delle Capitanerie di Porto Rosario Meo, ottavianese, classe 1968, segno zodiacale Gemelli, comandante del porto di Taranto, mantiene una linea scattante grazie alla sua propensione all’attività fisica, malgrado l’impressionante ruolino di marcia che il suo prestigioso ruolo comporta e che lascia davvero poco spazio a impegni extra lavorativi.
Comandante, ma come è organizzata la sua giornata?
“Io entro in ufficio alle otto di mattina e non smonto prima delle otto di sera: ho molte responsabilità come Capo del Compartimento marittimo e Comandante del Porto di Taranto – incarico che ricopro con orgoglio dal 20 dicembre 2022 – e quindi non posso dedicare al lavoro meno di 10 ore ma cerco di non superare le 14…”
Lei ha lavorato a Porto Empedocle, Pesaro, Maratea, Salerno, Roma e Torre del Greco ed ora è in Puglia: ma che ne pensa la sua famiglia?
“La mia famiglia non è qui: mia moglie Tina e i miei figli Emanuele e Antonella vivono lontano, nella nostra regione d’origine – la Campania – e più precisamente nella città di Nola, in provincia di Napoli: solo nel fine settimana riusciamo a vederci ma questi sono sacrifici che i militari conoscono bene perché i continui trasferimenti implicano spesso che, a un certo punto, i figli abbiano bisogno di stabilità, di coltivare amicizie che li accompagneranno nella vita e di non spezzare legami affettivi venutisi a creare nel tempo. Così – grazie anche all’aiuto, all’amore e alla pazienza di mia moglie – sono io che mi sposto dove mi porta il mio dovere e questo avverrà in ogni territorio che mi vedrà protagonista nella mia missione istituzionale.”
Lei ha seguito un percorso formativo che, inizialmente, avrebbe potuto portarla in altri ambiti, poiché si è laureato in Giurisprudenza nel 1993 presso l’Università degli studi Federico II di Napoli e solo dopo ha frequentato il corso di formazione in Accademia Navale, risultando poi vincitore del concorso di ufficiale del Corpo delle Capitanerie di porto a nomina diretta. Tra i tanti studi intrapresi c’è anche un corso di formazione specialistica, progetto “approccio ed Interrelazione” in materia di criminalità ambientale: il richiamo del mare è stato più forte di quello dei tribunali?
“Sì, ho fortemente desiderato occuparmi del mare, della difesa delle fasce costiere, della repressione degli abusi che vengono perpetrati a danno di abitanti, turisti, utenti del mare, habitat naturali e zone protette: ho scelto di ristabilire la legalità in un ambito diverso dai palazzi di giustizia e a questa mission sto dedicando la mia vita.”
Lei è anche esperto in materia di Sicurezza per l’Ambiente e tutela del territorio: come valuta la situazione di Taranto, alla luce delle problematiche relative all’Ilva?
“E’ abbastanza difficile il momento economico che il territorio sta vivendo: Taranto sta attraversando una crisi molto profonda e il motivo si trova proprio nell’Ilva che – fino a 10 anni fa – movimentava quasi 20 milioni di tonnellate di prodotto finito lavorato mentre quest’anno i livelli di produttività saranno di molto inferiori.”
Che ricadute ha questa situazione sul porto e le attività ad esso collegate?
“ Il complesso portuale tarantino – uno dei maggiori di tutto il Mediterraneo – sta cercando di transitare da una realtà di tipo industriale (vincolata in maniera viscerale al colosso imprenditoriale dell’Ilva) a una riconversione con diverse finalità che leghino naturalmente fra loro le connotazioni identitarie di questa struttura portuale: va considerato che l’Ilva era la più grande fabbrica d’Europa con i suoi 20.000 e passa dipendenti, ridotti adesso alla metà e che la fase di transizione è inerente anche alla questione ambientale, affrontata dalla Corte di Giustizia Europea che ha stabilito che un territorio, per ospitare realtà industriali, deve avere determinati requisiti e deve essere protetto con adeguate tutele per la salubrità dell’ambiente e la salute degli abitanti.”
Questo riguarda anche il transito dei rifiuti?
“Sì, il ciclo di rifiuti in ambito portuale costituisce una filiera di grande rilevanza che va monitorata, dando ampio spazio agli aspetti di natura tecnica della normativa – invero molto articolata – che disciplina la materia: va sottolineato che ultimamente il Porto di Taranto ha visto aumentare notevolmente l’approdo di navi che imbarcano rifiuti non pericolosi aventi codice EER 19.12.10 diretti in vari Paesi dell’Unione Europea, un traffico in espansione che va verificato per accertarne la conformità alle vigenti normative di settore.”
Che futuro si prospetta per lo scalo ionico?
“Per far crescere le opportunità di sviluppo commerciale di Taranto è necessaria la condivisione delle strategie operative da parte di tutte le autorità preposte, una sinergia istituzionale che sovrintenda gli aspetti di sicurezza e governance del porto: va attuato un modello di cooperazione internazionale che coinvolga tutti quegli organismi, enti e autorità inerenti al lavoro portuale, dalla Prefettura all’Inps, dall’Autorità di Sistema Portuale ai Vigili del fuoco. Deve rinsaldarsi una joint-venture che garantisca di mettere a sistema tutte le realtà lavorative attraverso una formazione costante e delle attività di monitoraggio e di verifica in loco dell’assetto di tutte le matrici ambientali non solo del Porto ma anche dell’ecosistema -porto, inteso nella sua interezza. Di questo parliamo diffusamente durante gli appuntamenti politici dell’associazione Alis, presieduta dal carismatico armatore Guido Grimaldi, a cui siamo grati per l’attenzione al nostro comparto, allo spazio dato alle nostre problematiche e ai tavoli di colloquio con gli esponenti di governo.”
Lei è ottimista sul futuro di Taranto?
“Io auspico che Taranto possa ritornare ad essere un polo di sviluppo di traffici marittimi come tanto tempo fa, che ritrovi la sua identità portuale e che concepisca il porto come un volano di economia che dia slancio a tante attività territoriali: in passato, forse, non è stato interpretato così. Io dico sempre che il Ponte Girevole, simbolo di Taranto, quando si apre per far passare le navi separa due realtà, quella cittadina e quella portuale ma poi, richiudendosi, le unisce. Basterebbe, pertanto, il dialogo, sincero, concreto, fattivo, per unire le due anime della città come accade per il collegamento dell’isola del borgo antico alla città nuova, con il canale che unisce Mar Grande a Mar Piccolo: è allora che quelle due realtà fisiche si uniscono naturalmente, in maniera netta ed è così, a mio avviso, che il territorio potrà crescere e guardare con fiducia al futuro.”

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