Presidio della democrazia
Luigi Santini
Nel suo discorso di San Silvestro Mattarella è riuscito, come sempre, a restare
al di fuori, e al di sopra, delle polemiche politiche. Ruolo non di parte ma elemento di
sintesi tra i poteri. Sullo sfondo vi è un dato oggettivo: checché se ne dica, le proposte
di riforma della Costituzione basate sull’elezione diretta del presidente del Consiglio
tendono a ridurre – in maniera consistente – gli spazi di azione del Capo dello Stato.
Sfugge a chi ha tale obiettivo che il Presidente della Repubblica ha il compito di
assicurare l’adesione del Governo e del Parlamento ai principi e alle norme della
Costituzione. Non a caso, Sergio Mattarella ha impostato il suo discorso al Paese sui
problemi concreti da affrontare ed ha tracciato, in modo esemplare, quali sono gli
obiettivi che Governo e Parlamento devono cercare di raggiungere.
Dal 1948 ad oggi, i Presidenti che hanno operato dal Quirinale hanno avuto un
ruolo fondamentale di tenere in equilibrio il sistema politico-sociale del Paese. Ciò è
accaduto, ancor più, nei momenti di crisi politica. Non a caso, in tali frangenti il Capo
dello Stato assume il compito di arbitro, nominando – su indicazione del presidente
del Consiglio incaricato – il premier. Compito che si vorrebbe abolire, dando spazio
ad “un uomo (o una donna) solo al comando”. In realtà l’equilibrio dei poteri è un
elemento fondamentale delle democrazie contemporanee. Nel percorso storico che va
dalla nascita degli Stati di diritto alle odierne democrazie (quali che siano gli
ordinamenti di ciascuna) l’equilibrio dei poteri dello Stato è da considerarsi uno degli
elementi portanti di ogni sistema costituzionale. Questione che – sotto la parvenza di
discussioni di teoria giuridica – deriva dall’esigenza di cercare la sistemazione degli
equilibri fra le forze politiche in campo in uno specifico periodo storico.
Nello scenario della dialettica dei poteri delineato dalla Carta costituzionale
occorre distinguere che cosa sia un mero ricordo del passato e cosa rimanga oggi
come potere effettivo di partecipare ai processi decisionali di massimo livello.
Unicamente in tale perimetro storico e teorico può essere valutato il ruolo ricoperto
dai dodici Presidenti della Repubblica succedutisi dal 1948 ad oggi. Oltre trent’anni fa
veniva sottolineato che uno studio sull’evoluzione complessiva del ruolo del
presidente della Repubblica in relazione a quella del sistema politico costituzionale
italiano è compito dei meno agevoli. Ancor più lo è oggi, poiché gli andamenti
particolarmente tortuosi dell’equilibrio dei poteri nel nostro Paese rendono
particolarmente ardua una decifrazione che non voglia limitarsi (o, peggio ancora,
legarsi) alla contingenza o alla presa di posizione di parte.
Nel quadro politico attuale è emersa con forza, da parte del Governo in carica,
la richiesta di modificare la Costituzione mediante l’elezione diretta del Presidente del
Consiglio. Proposta che ha incontrato il netto e deciso rifiuto da parte
dell’opposizione. Di fronte a tali possibili evoluzioni è importante ricordare che in
sede costituente prevalse largamente la “propensione alla fluidità istituzionale, che –
nei fatti – ha caratterizzato l’azione dei Presidenti della Repubblica, consentendo, da
parte di ciascuno di loro, una diversa graduazione dell’uso degli strumenti giuridici
spendibili nelle diverse circostanze.