Alla vigilia del match contro l’Atalanta, l’allenatore del Napoli Walter Mazzarri ha parlato nella conferenza stampa della sua presentazione e della presentazione della delicata sfida di Bergamo contro la Dea atalantina
– Inizia la conferenza stampa. Il responsabile comunicazione Lombardo ringrazia a nome del mister per i tanti messaggi di congratulazioni a cui non ha potuto rispondere:
“Sono emozionato, giuro. Dopo 23 anni di carriera mi avete fatto emozionare di nuovo”.
Come sono stati questi primi giorni? E’ la squadra più forte che ha mai allenato?
“Sicuramente sì, parto dalla fine. Poi su questi giorni… devo stare attento a come parlo, sono famoso per i lamenti e quindi ora c’è un altro Mazzarri (sorride, ndr). Sto bene, ho dormito 12 ore al giorno, non sono stanco (ride, ndr). Tutto bene, il gruppo visto da fuori… già quello fatto con Spalletti è stato un capolavoro, mi emozionava a vederlo, è stato un qualcosa di bello per tutti gli italiani, un bellissimo calcio, grande organizzazione, un piacere. Quando vedi una squadra così, dopo 23 anni in panchina, speri di allenarla e ringrazio il presidente che mi ha chiamato e penso di allenarli almeno fino a fine anno”.
Napoli in un momento difficile, cos’ha detto alla squadra? Che obiettivi vi siete dati?
“La cosa più facile da dire è che dopo 23 anni nel calcio, pur non avendo vinti Scudetto ma quella Coppa Italia dopo oltre 20 anni senza vincere e ricordo cosa accadde dopo quella vittoria con la Juventus… ma probabilmente una squadra che non è abituata a vincere Scudetti era quasi fisiologico pagare qualcosa, i ragazzi stessi inconsciamente mollano alcuni particolari e rincorse agli avversari. Io ho studiato tanto, mi aggiorno sempre, c’è stato un cambiamento negli ultimi 3-4-5 anni e sarebbe stato più difficile per chiunque quest’anno. Con la mia esperienza provo a far capire i pericoli, che tutti ci attendono ancora con più attenzione e non bisogna sottovalutare niente per vincere di nuovo le partite, questo è il mio compito”.
Cosa ti ha chiesto De Laurentiis?
“Io ho un rapporto con lui da quando sono andato via, c’è stato un equivoco per un paio di anni, poi ci siamo risentiti e c’è stato un rapporto così bello, in amicizia, ci diamo del tu, al di là del mio ritorno da allenatore. Il rapporto è importante, chiedetelo a lui e sarà il primo a dirlo”.
Il calendario è subito così impegnativo.
“Sono nato per soffrire… Anguissa l’ho visto oggi per la prima volta, non posso dirvi tanto. Ho parlato con quelli che c’erano, un po’ di esperienza ce l’ho anche nei subentri, credo abbiano capito cosa ho detto a quei pochi che c’erano. Io vigilerò sul particolare, mi piace dire così. Si gioca ogni 3 giorni, staremo sempre qui, in ritiro, capirò meglio ciò che ho percepito”.
Le sue prime impressioni su Osimhen e come sta.
“E’ un ragazzo stupendo, me lo sono visto arrivare in panchina, è molto solare, è uno generoso e al di là del successo personale gli interessa vincere in campo. Sta rientrando, sono contento, ho visto anche lui poco e sarò più preciso tra un po’”.
Per domani cosa influirà sulla scelta di formazione.
“Lo sapete non mi piace dare vantaggi agli avversari. Simeone e Raspa sono diversi, quest’ultimo è più tecnico, viene a giocare, l’altro è più simile ad Osimhen ma le scelte verranno fatte anche in base a chi vedo più fresco, domani lo vedrete. Loro sono una grande squadra, giocano ad uomo, non voglio dare vantaggi ad un grande allenatore come Gasperini”.
Manca intensità per tutti i 90 minuti, è appagamento inconscio o di condizione?
“Per dirvi le cose con più certezza, l’ho detto anche a Pondrelli… siamo arrivati da poco, abbiamo fatto partitine e da 10 minuti. Poi io subentro ad un allenatore che ha un curriculum e non lo criticherò mai. Non sono in grado di dire i motivi se fosse come dice lei, poi non criticherei mai chi ha lavorato prima”.
Come rispondi a chi ti etichetta come bollito?
“Se è buono lo mangio anch’io (ride, ndr), sono talmente esperto che non rispondo”.
Si riparte dal 4-3-3 o più avanti cambierà e tornerà alla difesa a 3?
“Altro che bollito, a Coverciano lo sanno, ero tra i più considerati, ad oggi posso fare qualsiasi modulo e talvolta mi chiamano per fare lezione agli altri. Sono stato fermo più di un anno, ho potuto studiare, aggiornarmi, credo di saper insegnare qualsiasi modulo. Poi conoscerò la squadra e deciderò cosa è meglio, di partita in partita o in generale. E’ chiaro che la squadra ha dato spettacolo in Italia e all’estero e per prima cosa proverò a farla giocare come faceva, poi quando sarò padrone della situazione vedremo di partita in partita”.
Per Gasperini è sempre una partita di riferimento, metti in fila tutte le big.
“Lo so, sono partite importanti, decisive, in un momento delicato. Però mi sono trovato bene quando mi sono buttato senza pensare alle conseguenze, quando venni qui ero l’allenatore del momento, potevo andare ovunque o quasi, ma arrivai con partite proibitive, a parte col Bologna e vincemmo poi a Firenze dove il Napoli non vinceva da oltre 20 anni, il Milan, poi la Juventus. Se mi fossi posto il problema, non sarei venuto e avrei detto presidente vengo tra un po’, ora c’è l’evoluzione del club ma è simile la situazione e bisogna essere positivi e sperare vada bene anche stavolta”.
Che obiettivi si è posto? La vetta è lontana?
“Quando subentri non puoi pensare agli obiettivi, pensi alla morte alla partita seguente, migliorare la squadra, creare entusiasmo, lottare nei 90 minuti e poi tirare le somme, io la penso così. Pensiamo a risolvere i problemi nella squadra, conta questo, la prima verifica è domani, una partita difficile per il tipo di calcio che fa che non è facile per nessuno. Sono fisici e ti aggrediscono, è una raccolta dati e poi sarò più preciso. Io la vedevo in tv, se non alleni le squadre non hai la percezione del singolo giocatore e del ruolo”.
Nella testa dei giocatori è ancora possibile pensare allo Scudetto?
“Se non vinci… pensiamo a vincere, l’ultima si è persa, siamo a -10 dalla vetta, che senso ha fare proclami e pensare allo Scudetto. Ora c’è una squadra difficile, poi guarderemo”.
Lei trasformò Cavani in una macchina da gol, ora ce l’ha già. Somiglia ad Osimhen?
“Visti da fuori sembrano davvero simili, è visibile, ma ci ho parlato 2 minuti e solo man mano che lo allenerò potrò dirvi. Poi con Cavani c’era feeling, le squadre devono avere feeling col tecnico, quando vuoi bene e stimi l’allenatore corri anche per lui. L’ho constatato. Con Cavani era così, l’avevo voluto, se dicevo di rientrare lui lo faceva. Hanno la stessa tipologia di gioco”.
Difficoltà in casa, come ristabilirà il feeling? Cosa pensa dello Scudetto sulla maglia azzurra?
“Io non sono bravo con le sviolinate, è un mio difetto per un mondo che è fatto così, ma Napoli è casa mia. L’altro giorno è venuto il presidente nel mio spogliatoio, mi ha fatto vedere uno spezzone che uscirà e mi vengono i brividi, la sensazione che provai con la Coppa Italia al ritorno da Roma. Mentre lo vedevo mi venivano i brividi, cosa dire, sono entusiasta. Vi dissi perché andai via in quel momento, ma c’è affetto e molti ricordano il mio Napoli. Quando andai via si fece tanto, arrivare secondi con la squadra dov’era quando arrivai… mi prendo dei meriti perché la scalata del club è iniziata con me. Cavani fu valorizzato, poi sono stati bravi a migliorare ogni anno. Lo stadio è importante, c’è stato Maradona, quando fai meno bene vieni criticato e Napoli è una grande piazza e fa parte del calcio. E’ una grande responsabilità allenare il Napoli”.
C’è il confronto con quei tuoi 3 tenori oppure cambierai qualcosa?
“Quando attaccavamo eravamo 3-4-3, anche alla Reggina quando feci le cose migliori. Se voi prendete un centrale delle mie ex squadre, se ricordate levavo ogni tanto un difensore e mettevo Behrami ed era 4-3-3 per vincere nei finali. Bastava togliere un centrale e mettere lui in mediana, se il centrale lo alzate di 10 metri il modulo è lo stesso, i movimenti sono gli stessi. Quando dicevo che la difesa a 4 va bene è per questo. Poi si chiacchiera ma bisogna fare risultati. Se avevo giocatori non veloci, dovevo avere protezione sulla profondità e quindi andavano 2 in anticipo e allora mi conveniva a 3. Ma poi quando diventammo di vertice, non vincevamo, e nei secondi tempi toglievo un centrale tipo Gamberini e Behrami stava più basso col 4-3-3”.
Sperava di tornare? Sentiva di dover completare il lavoro?
“Me lo sono chiesto anche io quando decisi che era finito il mio ciclo, ma quando arrivi secondo e poi mi pare perdemmo una partita brutta col Chievo dopo la Champions… la Juve vinse e andò a 6 punti e sentivo fosse difficile. Dicevo, se non fai un salto di qualità sugli acquisti con giocatori già fatti è difficile, poi dopo 4 anni è difficile stimolarli e dopo lo Scudetto l’avete visto com’era difficile già il secondo. Io ero al quarto e dovevo fare nel quinto più del secondo posto”.
Kvara come Lavezzi?
“Non è facile, se lei mi chiede la posizione sì, caratteristiche sono diverse, i centravanti si muovevano diversamente. Lavezzi non rientrava come Kvara, è un calcio diverso, modulo diverso, poi lo tenevo alto perché non aveva voglia di rientrare ma non aveva il fiato… le qualità organiche. Altrimenti scoppiava. Quando si attacca voi li vedete simili nel saltare l’uomo. Con Cavani-Osimhen il paragone è più facile”.
Pasquale Spera