CONFRONTO SUL REGIONALISMO AL CIRCOLO
TENNIS
Di Laura Caico
Un interessante confronto. Sala strapiena al Tennis Club
Napoli, in Viale Dohrn Villa Comunale per l’attesissima
presentazione del libro “Autonomia, regionalismo,
macroregione” di Stefano Caldoro, campobassano, classe
1960, segno zodiacale Sagittario, già Ministro e Presidente
della Regione Campania, attualmente Capo
dell’Opposizione nel Consiglio Regionale della Campania,
che ha richiamato una folla ben superiore alle aspettative:
l’incontro – organizzato in collaborazione con l’Universitas
Mercatorum, l’Associazione E’Sud e Giapeto Editore – ha
visto fra i relatori il Senatore Francesco Silvestro presidente
Commissione Parlamentare per le Questioni Regionali,
l’avvocato Guido Marone segretario generale Èsud. l’on.
Antonio Bassolino presidente associazione Sud e già
Presidente della Regione Campania, Edmondo Cirilli vice
ministro degli esteri, il professore Francesco Fimmanò
direttore scientifico Universitas Mercatorum, il professor
Guido Trombetti componente del Comitato Tecnico
Scientifico per l’individuazione dei Lep, i Livelli Essenziali
delle Prestazioni, brillantemente coordinati dal direttore del
quotidiano partenopeo Il Mattino Francesco De Core. Come
lo stesso autore dichiara nel suo stimolante libro, nato dalla
necessità di riflettere stimolata dalla politica: “C’è stato un
recente periodo nella storia della nostra Repubblica in cui le
inefficienze delle Regioni sono state attribuite alla
mancanza di capacità politiche degli uomini che avevano il
compito di governarle. È un grande tema che riguarda,
però, non solo la classe politica, ma anche la classe
dirigente (burocratica, imprenditoriale, culturale) nel suo
complesso. A volte sembra che tutti noi viviamo in un
mondo che non esiste più. E che non esiste più da decenni,
almeno dalla caduta del Muro di Berlino. Come
l’esperienza è un valore, così lo è il ricambio. Aver
rottamato l’esperienza per sostituirla con la comunicazione,
con l’emozione del momento, non ha reso alcun servizio al
Paese. Abbiamo bisogno di forze nuove e invece abbiamo
un sistema bloccato, che al contempo espelle le migliori
esperienze. È innegabile che, oggi più di ieri, a causa della
crisi dei partiti tradizionali, esista un problema reale di
selezione della classe dirigente: per raccogliere le sfide
della modernità, gli amministratori devono essere in grado
di sviluppare una sempre maggiore professionalità nella
gestione della cosa pubblica, possedere competenze sulle
politiche di bilancio e Fondi europei e conciliare la
salvaguardia della struttura pubblica con l’iniziativa dei
privati”. E sul tema del declinismo e delle criticità regionali
- in primis la Sanità – il “J’Accuse” di Caldoro – che ha
invitato tutti a leggere le innumerevoli e acutissime pagine
scritte dai padri Costituenti poiché preannunciano la
situazione odierna di stallo – ha trovato fertile sponda,
innescando un dibattito molto vivace ma estremamente
corretto e pacato da parte dagli esponenti di diverse linee di
pensiero: i vari relatori, infatti, hanno esposto opinioni sì
dissimili nell’impostazione concettuale ma sostanzialmente
concordi nel ritenere urgente una cooperazione rafforzata
delle varie forze politiche, istituzionali, culturali e sociali
per mettere in atto degli interventi risolutivi in materia di
PRRN, equità, Titolo Quinto della costituzione, riformato
con la l. Cost. 3/2001, che ha dato piena attuazione all’art. 5
della C., che riconosce le autonomie locali quali enti
esponenziali preesistenti alla formazione della Repubblica.
Bassolino ha spezzato una lancia veemente sull’importanza
dei Comuni in cui si manifesta la sovranità popolare, in
quanto organismo vicino alla gente e non avulso dal
territorio o arroccato nei remoti palazzi della politica di
Stato.
Puntuale anche l’intervento dell’onorevole Riccardo Villari,
presidente Tennis Club Napoli, che ha puntato l’indice
contro l’immobilismo della città, della politica e dei media,
asserendo che Napoli non è una città riformista da tanti
punti di vista e che, pertanto, la situazione permane nelle
condizioni di fatto sussistenti da tempo, invariabilmente nel
medesimo “statu quo” di cui tutti si lamentano ma che
finora non si è riusciti in alcuna maniera a modificare.