Comunicato stampa
OLTRE L’85% DELLE PERSONE IN CONDIZIONI DI CRISI ALIMENTARE, VIVE IN PAESI COLPITI DA CONFLITTI
Una nuova analisi di Azione contro la Fame dimostra come le guerre siano all’origine dell’insicurezza alimentare nel mondo;
l’organizzazione chiede un’azione urgente per fermare l’uso della fame come arma di guerra
Milano, 24 maggio 2023 – Secondo un nuovo rapporto di Azione contro la Fame, pubblicato oggi, i conflitti e la violenza, che sono il principale motore della fame, minacciano la sicurezza alimentare di milioni di persone nel mondo:
- l’85% dei 258 milioni[1] di persone in condizioni di crisi alimentare[2], vive in un Paese in conflitto;
- per 117 milioni di persone i conflitti rappresentano la causa principale e diretta della fame.
Nel suo report “No matter who’s fighting, hunger always wins”, l’organizzazione globale mette in luce come sia la fame, in fin dei conti, ad avere la meglio in ogni conflitto, e come a pagare il prezzo maggiore siano sempre i civili. Il report analizza i dati di un’ampia gamma di conflitti armati in tutto il mondo per identificare le connessioni specifiche e complesse tra guerre e fame.
Il 24 maggio di cinque anni fa, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite adottava all’unanimità la Risoluzione 2417, che riconosce il legame mortale tra conflitti e fame e dichiara che l’uso della fame come arma può costituire un crimine di guerra. Nonostante questa iniziativa storica, da allora non è stato aperto alcun procedimento giudiziario per crimini legati alla fame e l’insicurezza alimentare causata dai conflitti è in aumento.
“Le guerre sono la principale causa di fame nel mondo, eppure sia i conflitti che la fame sono prevenibili. Ed è questo che li rende ancor più inaccettabili – ha dichiarato Simone Garroni, direttore di Azione contro la Fame – l’allarmante recrudescenza della fame nel mondo va di pari passo con il numero e l’intensità crescenti dei conflitti armati e con la palese inosservanza del diritto umanitario internazionale da parte dei belligeranti”.
Il diritto umanitario internazionale, infatti, proibisce gli sfollamenti forzati, la contaminazione da mine e gli attacchi alla terra, al cibo, all’acqua e agli operatori umanitari, tuttavia, Azione contro la Fame e altre organizzazioni presenti in Paesi colpiti da conflitti lunghi e sanguinosi, riportano che queste azioni continuano ad essere compiute impunemente, privando le persone della possibilità di nutrire sé stesse e le loro famiglie.
Basti pensare che nel 2022, 376.400 persone hanno sperimentato condizioni di carestia[3], ovvero il livello più estremo e mortale di fame, in Afghanistan, Burkina Faso, Haiti, Nigeria, Somalia, Sud Sudan e Yemen – tutti Paesi che affrontano conflitti prolungati o gravi condizioni di insicurezza.
Il rapporto di Azione contro la Fame include testimonianze dirette sull’impatto dei conflitti sulla sicurezza alimentare di molti Paesi, come Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo e Siria. Un intervistato siriano ha raccontato: “le persone armate in questo Paese non rispettano i civili e ciò provoca enormi sofferenze nella popolazione. Quest’anno abbiamo seminato le nostre terre con grano e orzo; la stagione del raccolto è molto vicina. Le piogge sono state scarse quest’inverno e non possiamo irrigare con l’acqua dei nostri pozzi perché tutte le attrezzature sono state saccheggiate”.
Il rapporto descrive nel dettaglio tutti i modi in cui la fame può essere usata come arma di guerra: sfollamenti forzati, distruzione o saccheggio dei raccolti, espropriazione dei terreni, distruzione delle infrastrutture e dei servizi essenziali, contaminazione dei terreni agricoli con le mine antiuomo e, non da ultimo, azioni che ostacolano l’accesso umanitario.
Infine, l’analisi offre raccomandazioni su come le parti in conflitto e gli Stati membri delle Nazioni Unite possono ridurre la fame causata dai conflitti e investire nella costruzione della pace per prevenire l’insicurezza alimentare.
Per sostenere le sue richieste, Azione contro la Fame ha lanciato una petizione in tutti i Paesi del suo network, chiedendo ai cittadini di aderire all’appello rivolto ai leader mondiali.
Agite con urgenza per frenare l’escalation di violenza che affama milioni di persone nel mondo:
1. attuando la Risoluzione 2417 e sanzionando l’uso della fame come arma di guerra;
2. garantendo alle persone l’accesso al cibo durante i conflitti;
3. investendo nella costruzione della pace e nel proteggere i civili dall’impatto dei conflitti.
→ Per sostenere l’appello: bit.ly/guerra-e-fame
“Il mondo ha assunto impegni e costruito norme di riferimento per proteggere i civili ed impedire che la fame venga usata come arma di guerra. Ma ancora oggi milioni di persone soffrono la fame a causa di guerre e conflitti armati. È giunto il momento di tradurre queste promesse in azioni concrete – ha concluso Garroni – esortiamo gli Stati membri delle Nazioni Unite, a cominciare dal Governo italiano, a usare la propria influenza e i propri fondi per accertare le violazioni del diritto internazionale ad opera delle parti in guerra, per garantire un accesso umanitario sicuro alle comunità in difficoltà, e per costruire la pace e la sicurezza alimentare a livello globale”.
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[1] Global Report on Food Crises, 2023.
2 Livello 3 o superiore della scala IPC.
3 Livello 5 della scala IPC.
ALLEGATI:
- RAPPORTO “No matter who’s fighting, hunger always wins” (scaricabile QUI)
- SINTESI del Rapporto (allegata all’e-mail)
- FOTO: https://we.tl/t-vpzf2uipoI
- PETIZIONE online: bit.ly/guerra-e-fame
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CHI È AZIONE CONTRO LA FAME | www.azionecontrolafame.it
Azione contro la Fame è un’organizzazione umanitaria internazionale specialista contro fame e malnutrizione infantile. Lavoriamo per salvare la vita dei bambini gravemente malnutriti e per fornire a intere comunità acqua, cibo, formazione e assistenza sanitaria per vivere libere dalla fame. Ci mobilitiamo con determinazione per spingere persone e governi ad un’azione collettiva contro le cause strutturali di questa ingiustizia inaccettabile. Interveniamo da 40 anni in 51 paesi del mondo, impiegando sul campo quasi il 90% dei fondi raccolti.